“Guarda chi sono”- ti dicono soddisfatti, con addosso qualche accessorio stravagante; e poi aggiungono nomi di personaggi , supereroi, o semplicemente un componente della famiglia. I bambini amano travestirsi, trasformare il loro look abituale e magari sortire stupore in chi li circonda. Non soltanto a Carnevale. Non è un mistero che nelle giornate più fredde, magari quelle uggiose dove uscire diventa difficile, i bimbi sono soliti chiedere alle loro mamme di tirare fuori la scatola dei costumi. Associano i pomeriggi lenti, quelli casalinghi al tempo necessario per trasformarsi, più volte e godere anche di quella trasformazione. Non è necessario comunque avere tanti vestiti carnevaleschi; piuttosto è necessario recuperare qualche scampolo di stoffe, qualche vecchio cappello in disuso e lasciare loro libera inventiva . Con occhiali non più utili e qualche scarpa, molto più grossa dei loro piedi, in cui inserirsi, daranno vita a spettacoli di teatro di grande divertimento.
I bambini infatti necessitano di questo genere di gioco; bisognano di giochi di ruolo per una questione di sviluppo e crescita. Provano a tirare fuori parti del loro carattere sconosciute fino all’attimo prima.
Avviene anche con le messe in scena dei giocattoli, quando giocano con bambole o pupazzi e cominciano ad inventare dialoghi ad esempio, ma inscenare in prima persona è per loro molto più eccitante, soprattutto se dinanzi al sipario, immaginario, vi è un pubblico, pronto ad applaudire. Facilmente gli adulti astanti a rappresentazioni abbozzate, dopo l’inserimento di qualche maschera, sono invitati a prendere parte all’opera teatrale. Se i parenti presenti amano partecipare a questo genere di giochi, potranno a loro volta trasformarsi; indossare qualcosa di misterioso, di vecchio, di prestato.
E giocare, assecondando il copione proposto dai piccoli attori. Sarà una forma sperimentale di teatralità messa in campo, in modo rudimentale, ma che vi permetterà di raccogliere molti benefici in termini di risate ed anche di stupore, rispetto a quanto di inatteso registrerete rispetto alla recitazione dei bambini. Il gioco del travestimento è altamente simbolico e progredisce in contemporanea alla diverse abilità del bambino; se osserviamo le attività di un infante, nei suoi primi periodi di vita, lo scorgeremo ad annusare, toccare, rotolare e poi cadere. In sostanza metterà in gioco i suoi sensi, le sue capacità, anche quelle che non gli sono note, per conoscere il mondo. Registrerà successi ed insuccessi e ne farà memoria.
Questo processo, così spontaneo di apprendimento, gli permetterà di collocare la proprio posto ogni oggetto incontro durante il suo corso di esplorazione e di capirne il significato, la funzionalità. «A cosa serve il pettine? Cosa posso fare con una tovaglia?». Non sapendolo e non potendo saperlo da sé, troverà risposta nelle imitazioni. Vedrà un genitore utilizzare il pettine e un altro tirar fuori una tovaglia da un cassetto; replicherà i gesti e li abbinerà come gli è stato insegnato a livello visivo. Poi, non appena entrerà nell’arco dei 13-14 mesi, proverà a ripetere quanto visionato; dapprima in modo buffo e poi sempre più preciso e delineato. Prende in mano il cucchiaio e gira con esso una finta minestra, chiude gli occhi poi emette un suono e finge di dormire, russando. Cresce,e mano a mano che acquisisce capacità di imitazione, riproduce il gioco in modo sempre più autonomo. Proponendolo ai suoi giocattoli. Riconosce la finzione di quanto accade ma esercita una conoscenza.
Le diverse forme di gioco emulativo, che seguono il bambino nella sua crescita costante, sono oggetto di studio in diverse discipline;
in particolare la cosiddetta “teoria della mente” è un materiale di approfondimento psicologico in continua evoluzione. Con questa terminologia si intende la complessa abilità umana di riflettere i nostri e altrui pensieri, anche senza rendercene conto. Emularli è qualcosa di grandemente intellettivo. Significa comprendere il mondo interiore di una persona di cui abbiamo conosciuto stili di vita e peculiarità e riproporre il tutto, in modo semplificato.
Che un adulto riesca a svolgere questo esercizio, può essere interessante ma che sia un bambino a cimentarsi in una forma di teatralità del genere è strabiliante. Indipendentemente dal risultato che riuscirà a realizzare. Per questo è importante lasciare libero sfogo alle voglie di trasformazione dei piccoli ed anzi aiutarli nel racconto di ciò che vorrebbero testimoniare. In quello che riescono a riprodurre, anche se goffamente, ed in quello che vorrebbero poter trasferire ma che non riescono a mettere in luce. Anche le sottolineature di alcuni oggetti, colori, stravaganze nell’emulazione di qualcuno, possono essere assolutamente indicative.
E non è mai consigliabile sottovalutare i possibili messaggi che, i nostri attori inconsapevoli, vorrebbero poter lanciare. Che si tratti di fantasie, percezioni o caratteristiche, andrebbero comunque analizzate e poi, laddove possibile, approfondite con l’attore per essere certi di aver colto quanto volesse dire. E’ il motivo per cui, il teatro, viene dichiarato terapeutico. Consente di liberare i pensieri ed i giudizi, più segreti a noi stessi.
Quelli che ci ritroviamo a proferire senza volerlo fare. Per i bimbi accade la stessa cosa. Spiegano quanto vivono, quanto di meraviglioso gli capita ma anche quanto di difficoltoso possono stare attraversando. Travestirsi, trasformarsi, imitare sono giochi di carattere altamente pedagogico; oltre a liberare il bimbo da tante forme di costrizione, lo spingono a rivelarsi, a tirare fuori personalità, grinta e autostima. Allora, muniamoci di uno scatolone per l’ora del travestimento quotidiano!Infiliamoci dentro tutto ciò che non utilizziamo o che pare possa non servire, al momento. E coloriamo questo box con pennelli e fantasia. Possiamo pensare anche di incollarci su delle foto scattate durante qualche passata esibizione così da etichettare, ancor più il contenitore. Poi, acquistiamo mascherine, trucchi, cappelli strambi e ancora, baffi, occhiolini, barba, parrucche luccicanti.
Inseriamo il tutto dentro al nostro scatolone magico. Ed all’occorrenza, diventiamo un caldo pubblico per i nostri bambini, pronti ad applaudire, a ridere con loro, ad emozionarci od anche, se richiesto, ad entrare in scena, lasciandoci travolgere dalla scia della narrazione;
a seguire il canovaccio virtuale che avranno più o meno stabilito o che abbiamo potuto intuire. E chissà che non ci troveremo a liberare qualche parte ingessata del nostro vissuto esperienziale, oltre che a ridere, di gusto, a ciò che verrà fuori dalla performance.